“Ho diritto a …” è la campagna lanciata da Cittadinanzattiva – Emilia Romagna in collaborazione con il Coordinamento regionale delle Associazioni dei malati cronici (CrAMC) per sensibilizzare, promuovere e sostenere la figura del caregiver.
Attiva fino al 28 febbraio 2020 la campagna intende coinvolgere la comunità con approfondimenti settimanali sul tema del caregiving – donare cura -; due sondaggi e la scrittura di un manifesto del caregiver.
Chi sono i/le caregiver familiari?
Rivoluzionarie e rivoluzionari della tenerezza. Così la nota medica neurologa Matilde Leonardi definisce le caregiver e i caregiver familiari, persone che con affetto, costanza e pazienza ogni giorno, per molte ore al giorno e per lunghi periodi di tempo si prendono cura volontariamente dei propri cari che si trovano in condizioni di malattia, invalidità, non autosufficienza.
Sono figure insostituibili e preziose perché oltre a svolgere un ruolo di cura e assistenza domiciliare, tengono viva – e anzi alimentano – una relazione di amore che è parte stessa della cura. Questo aspetto porta i caregiver familiari ad agire anche il ruolo di facilitatori nell’adattamento alla nuova condizione di malattia della persona.
Secondo l’indagine ISTAT Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea, 2015, in Italia ci sono
- Almeno 8 milioni e mezzo di caregiver, pari a oltre il 17% della popolazione (il dato è certamente sotto-stimato
- Di questi 7,3 milioni sono caregiver familiari, donne e uomini, a volte ragazze e ragazzi, che assistono un loro familiare ammalato, invalido o non autosufficiente
- La maggior parte dei caregiver hanno tra i 45 e 64 anni
- In 1 caso su 4 donano più di 20 ore settimanali di assistenza
Un dato particolarmente difficile da rilevare è quello relativo alla popolazione dei
- giovani caregiver, cioè bambini e giovani fino ai 18 anni di età
- giovani adulti caregiver, giovani tra i 18 e i 25 anni di età
Sono figli, fratelli, nipoti o in qualche caso giovani genitori di persone affette da disabilità fisiche o mentali, da malattie terminali o croniche o da dipendenze. Prestano cure in modo significativo e continuativo, assumendosi delle responsabilità che normalmente non verrebbero associate alla loro età, specialmente nel caso dei giovanissimi. Si stima che siano almeno i 2,8% dei caregiver.
La maggiorparte dei caregiver familiari ritiene ‘naturale’ il proprio ruolo di donatore di cure. Forse anche per questo il loro lavoro è spesso silenzioso e ‘invisibile’. Queste persone invece sono veri e propri pilastri del sistema di welfare.
Su scala nazionale, seppur molto lentamente, si è intrapreso un percorso che va verso una legislazione di riconoscimento e tutela della figura del caregiver. In Emilia-Romagna invece, prima Regione in Italia, una legge c’è già da qualche anno ed è la LR 28/03/2014, n°2 | Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza).
A questi primi passi è necessario affiancare una sempre più profonda azione di sensibilizzazione su questo tema, per garantire non solo ai pazienti, ma proprio ai caregiver, il riconoscimento di un numero maggiore di diritti e di tutele.
Le difficoltà dei caregiver e le ricadute sulla salute
Il lavoro del caregiver è particolarmente faticoso, sia sul piano fisico, sia sul piano psicologico, nonché spesso sul piano economico.
Dagli studi statistici sopracitati emerge che 1 caregiver su 4 dedica alla persona malata oltre 20 ore di assistenza settimanali.
Non solo:
- tra le caregiver donne in età compresa tra i 45 e i 55 anni di età, il 60% ha abbandonato la propria attività lavorativa per dedicarsi a tempo pieno all’accudimento del familiare malato, con una media di 7 ore di assistenza diretta e 11 di sorveglianza.
- i/le caregiver che continuano ad avere un impiego devono dividere il loro tempo tra attività lavorativa, assistenza alla persona malata e, spesso, gestione del resto della famiglia.
- tra i caregiver familiari ci sono persone anziane, a loro volta portatrici di patologie, che si occupano di familiari ancora più anziani e/o malati.
- tra i giovani e i giovani adulti caregiver il tempo è spesso diviso tra scuola/lavoro e accudimento della persona malata
- oltre all’accudimento in senso stretto c’è tutta un’altra parte di lavoro particolarmente onerosa e frustrante. I caregiver affrontano la lentezza e la frammentazione delle risposte del sistema socio-sanitario, la burocrazia, le barriere fisiche e culturali e lo fannio generalmente da soli, senza una figura di accompagnamento.
L’alta intensità di cura e l’alto numero di compiti richiesti a un caregiver portano con sé notevoli difficoltà e fatica a livello di gestione e organizzazione, generando stress.
I caregiver, a seconda delle fasi della malattia, svolgono compiti diversi: collaborano nell’assistenza durante l’ospedalizzazione, parlano con i medici, disbrigano le molte pratiche burocratiche, si occupano della famiglia, affrontano l’eventuale ristrutturazione della casa, si confrontano con il medico di base e con la rete socio sanitaria e nel quotidiano collaborano nell’alimentazione, nell’igiene personale, nella mobilità e facilitano le relazioni familiari e sociali.
Cittadinanza Attiva
Non solo, la mancanza di tempo libero e la stanchezza facilmente portano a un isolamento sociale e relazionale che può davvero essere pericoloso per la salute psichica della persona che si prende cura.
Un altro fenomeno rilevante per il/la caregiver è il mettere in secondo piano la propria salute personale anche dal punto di vista fisico.
Il/la caregiver rischia così di divenire paziente nascosto/a.
“Ho diritto a …”
Di fronte alle difficoltà affrontate quotidianamente dai caregiver familiari e al fatto che certamente, con l’invecchiamento della nostra popolazione, aumenterà esponenzialmente il loro numero, è necessario e urgente adottare delle misure per potenziare il sostegno a queste figure.
Ci sono quattro tipi di persone nel mondo:
quelli che sono stati caregiver
quelli che attualmente sono caregiver
coloro che saranno caregiver
e coloro che avranno bisogno di caregiver.
Rosalynn Carter, Past First Lady degli Stati Uniti d’America
La campagna si pone dunque l’obiettivo di non lasciare soli i caregiver. Se da un lato c’è la necessità di aiutarli a prendere maggiore consapevolezza del loro ruolo, dall’altro c’è bisogno di un’azione condivisa e collettiva che promuova i diritti dei caregiver e incrementi il livello d’attenzione su questa figura, sia da parte delle istituzioni, sia da parte dell’opinione pubblica.
Tra le iniziative di questa campagna ci sono due sondaggi. Il primo – spiega Cittadinanzattiva – s’intitola Sono un caregiver?. Ha lo scopo di invitare i cittadini a rispondere a 7 domande per capire se la cura che presta al proprio caro rientra nel ruolo di caregiver familiare e, nel caso, proporgli di contattare una associazione del territorio per avere informazioni e sostegno. Il secondo – attivo fino al 28 febbraio 2020 a questa pagina – s’intitola Ho diritto a … ed è finalizzato a raccogliere le informazioni utili alla scrittura condivisa dell’omonimo manifesto, per chiedere più diritti, più salute, più qualità di vita e più visibilità.
In programma c’è anche la pubblicazione di articoli settimanali sul sito www.cittadinanzattiva-er.it che approfondiscono il tema. Sarà pubblicato un video andato in onda da Rai 3 dove Cittadinanzattiva ER, un genitore e una figlia parlano dei caregiver familiari.
A poche settimane dall’inizio della campagna – racconta l’Associazione – sono già arrivate numerose risposte, richieste, interazioni, segno che il tema è particolarmente sentito. Dalle risposte arrivate ciò che ci ha particolarmente colpito è la presenza di giovani caregiver che denunciano la mancata spensieratezza e un futuro incerto. C’è davvero molto da fare, ma lavorando insieme, in rete, in modo sinergico, possiamo fare davvero tanto.