La responsabilità sociale che va oltre le teorie: l’esperienza di Bimbus di Castel San Pietro Terme

Concetta Guerrieri è titolare di un negozio di abbigliamento per bambini nel centro di Castel San Pietro Terme. La sua esperienza di solidarietà è diversa da quella di una grande azienda, ma è particolarmente interessante perché mostra come da una semplice idea di prima risposta a un bisogno sia nata e cresciuta nel tempo una iniziativa spontanea che mette in rete un’attività commerciale e i propri clienti per dare sostegno a persone svantaggiate.

È iniziato grazie a una ex collega – prima facevo l’infermiera – che mi ha chiesto se avessi indumenti usati per bambini che ne avevano bisogno. E io in primis risposi di no, perché anche le cose che rimangono in magazzino devono essere inserite nel costo del negozio. Poi ci ho pensato un po’ su e ho avuto l’idea di raccogliere gli abiti per bambini che altrimenti verrebbero buttati.  Con la mia collaboratrice abbiamo cominciato a promuovere alle mamme nostre clienti l’iniziativa che volevamo mettere in piedi. “Il mondo non è tutto rosa e ci sono situazioni complicate, ci sono dei bambini lasciati dai genitori, o mamme che non hanno la possibilità di acquistare vestiti per l’inverno, ci sono poi tante mamme abbandonate in gravidanza, soprattutto straniere, e sono davvero un’appendice importante della nostra società. Noi, insieme, possiamo e vogliamo aiutare queste persone”. Era un cambio di stagione e proposi alle mamme di portarmi le cose che avevano la possibilità di donare. La risposta è stata ben superiore a qualsiasi aspettativa.

Questo progetto va avanti ornai da due anni e si autoalimenta con il passaparola, qualche informazione su Facebook, la buona volontà di Concetta, della sua collaboratrice e delle mamme che aderiscono numerose. Lei mi racconta che ormai si tratta di una vera e propria rete di donatrici, e questo è espressione di un tessuto sociale ricco nell’animo e sensibile.
Oltre agli abiti vengono raccolti anche giocattoli. I beni possono essere consegnati in qualsiasi momento e sono conservati in una porzione di magazzino del negozio che è stata dedicata allo stoccaggio di questi abiti. In questo modo anche se il bisogno non è immediato, le cose sono disponibili quando vengono richieste.

Quando la mia amica viene e mi dice “io ho un bimbo di tre anni da vestire”, andiamo in magazzino e vediamo cosa abbiamo. Se in prospettiva ho delle cose che possono essergli utili per la stagione successiva do anche quelle. È partito tutto per gioco, la mia collega aveva bisogno e io conosco tanta gente …
Io mi occupo dello smistamento, non della selezione. Però ci tengo che le cose portate qui siano davvero utilizzabili, perché è importante mantenere la dignità della persona, anche di quella povera.

Concetta racconta che non vuole sapere di preciso a chi sono destinate le donazioni, perché si fida e non vuole creare imbarazzi in una piccola comunità dove tutti si conoscono. Le persone che hanno bisogno non devono vergognarsi di ricevere da chi può dare.

Non ci deve essere questo senso di riconoscimento. Mi sentirei in imbarazzo io, io non voglio nulla. A me basta sapere che le persone stiano bene, non voglio nient’altro. So che quegli abiti hanno fatto comodo, e che magari un bambino è riuscito a dormire con un pigiama. Per il resto non voglio sapere nulla.

Parlando poi di responsabilità sociale Concetta mi spiega il suo punto di vista: è una cosa che si deve sentire, deve essere intrinseca alla propria persona. La responsabilità sociale verso gli altri viene da sé. La sua iniziativa non ha niente a che vedere con il ritorno di immagine del negozio, è qualcosa che è nato semplicemente osservando la realtà quotidiana, raccogliendo e rielaborando gli stimoli.

Le idee nascono vivendo la realtà quotidiana, osservandola. Parliamo del mio caso: per la fascia di prezzi che ho, la mia è una clientela media. Chi ha un reddito minore lo vedo durante i saldi e percepisco che hanno aspettato tanto per venire da me  e sono desiderosi di comprare quel capo. E’ stata l’amarezza di vedere questa voglia da parte di chi non può di avere a farmi muovere  …
E poi personalmente ho delle amiche che fino a poco fa avevano carte di credito ed ora hanno perso il lavoro e sono venute da me ultimamente dicendo “Concetta ho bisogno” . Queste cose ti annientano e devi fare qualcosa.

L’iniziativa di Concetta è personale e non si lega al marchio di cui lei è franchisee, e dalla casa madre nessuno sa nulla. Tuttavia lei, attraverso i social network, ha raccontato la sua esperienza alle colleghe che hanno lo stesso negozio in Puglia, Sicilia e altre regioni, ha cercato di fare rete con questi negozi e in certi casi la sua idea è divenuta una buona prassi messa in atto anche in altre località.

Tra i progetti futuri c’è quello di andare nelle scuole a sensibilizzare gli studenti sull’importanza del dono e del volontariato.

 

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