Mostra di quadri “Dâm un ‘oc! Ovvero … Dammi un occhio”

Un’esposizione di quadri dipinti da persone ipovedenti o non vedenti. Valerio, uno degli artisti, direbbe: – Viene spontaneo chiederti … cosa hai fumato? – Eppure è proprio così. Sabato 18 e domenica 19 maggio 2019, dalle 10 alle 17 presso l’atrio della sede dei  Padri Dehoniani in Via Scipione Dal Ferro 4 a Bologna, sarà aperta al pubblico la mostra di pittura Dâm un ‘oc! Ovvero … Dammi un occhio, organizzata dall’Associazione Retinite Pigmentosa e Malattie Rare in Oftalmologia RP Emilia-Romagna ODV con la collaborazione di VOLABO – Centro Servizi per il Volontariato della Città Metropolitana di Bologna e il Patrocinio del Quartiere Navile, dove l’Organizzazione di Volontariato ha sede.

Le opere esposte nascono all’interno de Il paradosso di un laboratorio sui  colori per ‘vedenti  non vedenti’, un percorso formativo che l’Associazione ha realizzato qualche anno fa al fine di sperimentare un nuovo approccio riabilitativo per mezzo dell’arte. Dopo la prima mostra che si è tenuta a Imola nel 2005 con lo scopo di rendere fruibili alla cittadinanza le opere di questo laboratorio, l’evento di Bologna si apre a orizzonti più lontani. Infatti, spiega il Prof. Sergio Zaccaria Scalinci, Presidente dell’Associazione vorremmo dare alla persona vedente la possibilità di entrare in contatto con l’espressività e l’emotività del dell’individuo  ipovedente o non vedente attraverso l’arte pittorica. Non solo. La nostra speranza è anche di incontrare persone o realtà interessate a collaborare con noi per realizzare il nostro sogno futuribile, che è quello di creare un laboratorio permanente di pittura dove si possono esprimere le persone che hanno patologie oftalmologiche e  realizzare un’esposizione permanente di opere che, come il pubblico avrà modo di apprezzare, sono di  forte impatto emotivo.

L’iniziativa promette un interessante viaggio alla scoperta delle sfere emotive di artisti ipovedenti o non vedenti che, attraverso il linguaggio pittorico agito con un approccio estremamente cerebrale, hanno potuto esprimere un pezzetto del loro mondo interiore nella creazione. Se la pittura è l’arte legata alla vista per  eccellenza , non può essere solo legata al senso per mezzo della quale si esprime, deve coinvolgere anche la mente, l’anima, il corpo dell’artista. Laddove la vista è immaginazione, ricordo, sfocatura, mescolanza, il colore assume un significato ancora più profondo, quasi esoterico, certamente di forte impatto. Laddove la vista è senso debole, il quadro, che è oggetto materico, diventa addirittura tattile, superando le barriere tra l’opera e la sua fruizione.

Le opere sono state realizzate da persone senza precedenti esperienze pittoriche ma che, guidate da un grande entusiasmo e dalla professionalità dell’artista Concetta Civetta, sono riuscite a mettersi in gioco  superando barriere fisiche e psicologiche, si sono spinte oltre il limite che conoscevano. Il quadro diventa così un ponte sensoriale ed emotivo tra chi vede e chi questa funzione l’ha persa totalmente o parzialmente.

Per comprendere meglio la portata di una mostra del genere, il professore ci spiega che è difficilissimo per un soggetto vedente confrontarsi con il mondo che ‘vedono’ – mi passi il termine – gli ipovedenti o i non vedenti. Queste persone hanno una sensibilità differente rispetto a un soggetto normale.
L’ipovedente è un soggetto la cui visione non supera  1 decimo. Però ha una sua dimensione e una sua decodificazione dei colori in rapporto al tipo di malattia da cui è affetto e che colpisce la visione centrale o quella periferica. Ad esempio se è colpita la visione centrale, deputata al colore, è più difficile l’utilizzo di certi colori o di certi effetti che si possono dare al quadro. Da questo punto di vista la sfera emotiva si realizza e si codifica nell’opera in rapporto a ciò che il soggetto vede.
Per un soggetto non vedente la situazione diventa ancora più complessa. In questo caso la persona non ha la visione dei colori, né del bianco e nero. La sua espressività, la sua capacità di  descrivere un determinato tipo di azione o di oggettivazione del mondo esterno dipendono da ciò che può immaginare,  come egli ‘vede’ o meglio sente il proprio mondo interiore e quello esteriore. La realizzazione dell’opera d’arte si origina allora soltanto da una sfera emotiva, ed è davvero qualcosa di più fantasioso, o fantastico, e allo stesso tempo affascinante. Va poi precisato che esiste un’espressività diversa tra soggetti che sono non vedenti dalla nascita e che quindi hanno una propria cerebralità del mondo esterno, rispetto a soggetti che erano vedenti e poi  hanno perso la vista.


L’idea progettuale dell’Associazione, di cui la mostra è una sorta di tappa iniziale, punta a coniugare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi legati al venir meno della vista, con l’importanza dell’arte-terapia, sia nella sua funzione riabilitativa, sia come luogo di ricerca che, coinvolgendo più discipline insieme, possa perseguire l’obiettivo di  migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Il laboratorio che ho in mente – prosegue il Prof. Sergio Zaccaria Scalinci –   da un lato è una risorsa preziosa dove l’ipovedente e il non vedente possano coltivare la propria espressività, la creatività, la sensibilità e la socialità; dall’altro è un campo di ricerca aperto, dove sperimentare nuove frontiere della riabilitazione attraverso la realizzazione di un’opera d’arte pittorica. Il connubio tra arte e visione applicato alla riabilitazione per pazienti non vedenti o ipovedenti è certamente molto interessante.
Le posso raccontare di alcuni pazienti ipovedenti che, una volta ultimato il quadro, avevano la sensazione di aver migliorato la propria capacità visiva nella loro quotidianità. Ora, questo non può essere documentato dal punto di vista strumentale, ma a me già basta osservare la sfera emotiva e l’ottimismo ottenuto realizzando un quadro per capire l’importanza di questa pratica.
E poi, formando un equipe multidisciplinare che metta insieme l’Oftalmologia, la Psicologia, la Psicanalisi, la Pedagogia e soprattutto la Neurobiologia e Neurofisiologia della visione possiamo aiutare le persone  non solo nella  sfera emotiva e psicologica, ma anche l’evoluzione cerebrale da un punto di vista anatomico e clinico. Potremmo verificare come il cervello si modifica in rapporto alla visione e muta da ‘cervello vedente’ a ‘cervello ipovedente’ o non vedente, e capire quali diverse aree possono  sfruttare e amplificare rispetto a un soggetto vedente. Non solo, potrebbe essere perseguito anche un discorso filologico e neurobiologico nell’osservare come cambia l’espressività pittorica in un soggetto che progressivamente perde la vista e quindi si trova  a sfruttare sempre di più le aree cerebrali manuali rispetto a quelle visive
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Le due giornate di mostra si apriranno la mattina alle 10 con le visite guidate proprio dal Professor  Sergio Zaccaria Scalinci che spiegherà il valore profondo delle opere esposte, e, in alcuni casi, metterà in relazione l’aspetto clinico con la realizzazione pittorica, permettendo al pubblico di entrare in contatto con una lettura inedita, diversa e affascinante dell’espressione pittorica.

Per informazioni:
Consulta il programma>>
Associazione Retinite pigmentosa e altre malattie rare in Oftalmologia Emilia-Romagna
051 246705 | 377 5181146
bologna@retinitepigmentosa.it
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